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Senza Stato non abbiamo futuro 21 marzo, 2009

Posted by Davide Monaco in Ispirazioni, Pensieri estemporanei.
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Riporto qui di seguito alcune importanti parti dell’articolo di Carlo Galli, professore di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università di Bologna ed editorialista per vari quotidiani, pubblicato sull’ultimo numero della rivista Limes “Esiste l’Italia? Dipende da noi”. L’analisi è, lo ammetto, un tantino lunga, nonostante i tagli (il testo originario è lungo 9 pagine). Ma vale la davvero pena di essere letta e compresa.

“Lo Stato oggi assume sempre più la funzione di snodo locale rispetto a dinamiche globali. Nella peggiore delle ipotesi tutto questo ha un senso chiaro: esso deve riparare, sul proprio territorio, ai disastri che accadono fuori dai propri confini. Il riferimento è concreto. Lo tsunami metaforico della crisi finanziaria -uno tsunami che abbattendosi sull’economia reale cancellerà una quantità spaventosa di posti di lavoro- è l’esempio più chiaro d’un disastro che , privo di collocazione tipica sotto il profilo geografico, deve essere arginato territorialmente.[…] (altro…)

Scambio di doni 27 febbraio, 2009

Posted by Davide Monaco in Ma il cielo è sempre più blu, Pensieri estemporanei.
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Moi je t’ai donné la tua donna. Il Paese apprende solo oggi che Carla Bruni è stata una delle tante vecchie fiamme di Silvio Berlusconi. Il quale cerca di ricordarlo al Capo di Stato francese, Nicolas Sarkozy, attualmente compagno della Bruni, con la solita ironia fuori luogo che caratterizza il nostro premier. Sarko, però, non vuole certo apparire ingrato. Così nell’ultimo summit porge il suo pacchetto infiocchettato al Cavaliere: la tecnologia nucleare di terza generazione con la quale saranno costruite quattro centrali sul nostro suolo. E il tutto avviene mentre il resto del mondo cerca di sbarazzarsene per sostituirla con quella di quarta generazione, già in stato di sperimentazione avanzato in molti Paesi, che garantirebbe maggiore sicurezza e minore quantità di scorie prodotte.

Scambio equo, sembrerebbe. Sia Silvio che Nicolas hanno guadagnato qualcosa. Allora chi sono quelli che ci perderanno? Al solito, gli italiani. Che si ritroveranno a fare i conti in casa con un nucleare desueto e di seconda mano… e all’estero con l’ennesima pagliacciata del loro Primo Ministro.

…questo è il tempo 8 dicembre, 2008

Posted by Davide Monaco in Pensieri estemporanei.
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Venerdì, le tre.

“Un momento ancora e sarei stato preso nella trappola dello specchio. La evito, ma solo per cadere in quella del vetro: sfaccendato, le  braccia ciondoloni, m’avvicino alla finestra. Il Cantiere, la Palizzata, la Stazione Vecchia-la Stazione Vecchia, la Palizzata, il Cantiere. Sbadiglio così forte che agli occhi mi sale una lacrima. Tengo la pipa con la destra e nella sinistra il pacchetto del tabacco. Bisognerebbe caricare questa pipa. Ma non ne ho il coraggio. Le mie braccia rimangono penzoloni, appoggio la fronte contro il vetro. Questa vecchia mi irrita. Trotterella con ostinazione, lo sguardo smarrito. Alle volte s’arresta con un’aria impaurita, come se un nemico invisibile l’avesse sfiorata. Eccola sotto la mia finestra, il vento le appiccica le sottane contro i ginocchi. Si ferma, s’aggiusta il fazzoletto, le mani tremano. Riparte. Ora la vedo di schiena. Vecchia blatta! Immagino che volterà a destra per il viale Noir. Per questo dovrà percorrere un centinaio di metri, con la sua andatura ci metterà almeno dieci minuti, dieci minuti durante i quali io resterò così, a guardarla, la fronte incollata contro il vetro. Si fermerà venti volte, ripartirà, si rifermerà…

Io vedo l’avvenire. E’ là, posato sulla strada, appena un po’ più pallido del presente. Che bisogno ha di realizzarsi? Che cosa ci guadagna? La vecchia s’allontana zoppicando, si ferma, si tira su una ciocca grigia che le sfugge dal fazzoletto. Cammina, era là, ora è qui… non so più come sia: li vedo, i suoi gesti, o li prevedo? Non distinguo più il presente dal futuro, e tuttavia la cosa continua, si realizza a poco a poco; la vecchia avanza per la via deserta, sposta le sue grosse scarpe da uomo. Questo è il tempo, nè più nè meno che il tempo, giunge lentamente all’esistenza, si fa attendere, e quando viene si è stomacati perchè ci si accorge che era già lì da un pezzo. La vecchia s’avvicina all’angolo di strada, non è più che un piccolo fagotto di panni neri. Ebbene, sì, mi pare che questo è nuovo, lei non era laggiù un momento fa. Ma è un nuovo appannato, deflorato, che non può mai sorprendere. Ella sta per voltare l’angolo della strada, volta- dura un’ eternità.

Tratto da La Nausea di Jean Paul Sartre. Geniale.

Coketown 27 novembre, 2008

Posted by Davide Monaco in Pensieri estemporanei.
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Leggendo la “Storia dell’Utopia” di Lewis Mumford, mi sono imbattuto nell’idolo della Prima Rivoluzione Industriale: Coketown. Vi ho trovato molti concetti vagamente familiari.

“Lo scopo della produzione a Coketown è naturalmente la maggior produzione e solo producendo oggetti sufficientemente scadenti destinati ad andare in pezzi rapidamente, o cambiando la moda abbastanza spesso, i macchinari di Coketown possono rimanere in moto con continuità. Il furioso ritmo di produzione di Coketown deve venire equilibrato da un uguale furioso ritmo di consumo: la continenza sarebbe fatale. Come risultato di ciò, non vi è nulla a Coketown di finito, di permanente, di stabile: queste qualità sono sinonimo di morte. […] La condizione di ogni famiglia di Coketown può essere giudicata dalla quantità di rifiuti che accumula. […] Così, a Coketown il consumo non è solo una necessità, ma un dovere sociale, un mezzo per mantenere in movimento gli ingranaggi della civiltà.”

Sembrerebbe quasi una descrizione a tinte forti della nostra società dei consumi. Poi leggo anche preoccupato:

“A volte sembra che ci sia la possibilità che questa utopia fallisca i suoi scopi producendo beni a un ritmo tale che i mucchi di rifiuti superino la domanda del mercato; e mentre ciò rovina la teorica perfezione dell’organizzazione sociale di Coketown, il rimedio viene offerto dai periodi di guerra, quando il mercato è praticamente inesauribile, e la prosperità di Coketown aumenta a tal punto che la classe operaia si trova sul punto di diventare una classe agiata senza avere avuto un sufficiente addestramento preventivo a contribuire all’accumulo di rifiuti.”

Sono troppo ottimista o abbiamo un metodo per uscire dalla crisi?